Lo abbiamo visto e ne abbiamo già parlato, l’estate è stata molto complicata dal punto di vista del reclutamento del personale e nel trovare le figure professionali per i servizi e l’accoglienza. E con l’inizio dell’autunno, complice anche la situazione internazionale, segnata dai forti rincari di materie prime e dai costi dell’energia, la situazione lavorativa si preannuncia complicata. Vero, sarà il nuovo governo a dover cercare soluzioni per queste incombenze, ma già sappiamo che il mercato del lavoro sarà centrale nel programma politico futuro.
La campagna elettorale dei vincitori non lasciava dubbi sulla direzione, teorica, che il nuovo esecutivo vorrebbe intraprendere, cioè meno sussidi e più lavoro. Detta così sembra uno slogan efficace, intrigante e giusto, visto che la nostra costituzione lo riporta nel suo primo articolo “l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro” ma è davvero una manovra fattibile in tempi brevi? E qui la risposta si fa più complicata.
Infatti uno dei grandi problemi italiani è la pianificazione del lavoro, cioè il saper indirizzare i lavoratori del futuro verso delle professioni. Ricorderemo tutti il boom di avvocati e commercialisti di qualche anno fa, oppure il mercato saturo di parrucchieri e estetiste. Ecco, questo è il primo elemento da analizzare e correggere. Lo sappiamo, in Italia non mancano i lavoratori in senso lato, non siamo un paese di fannulloni, ma mancano molte figure professionali e, quelle poche che ci sono, non trovano nel mercato del lavoro italiano la giusta soddisfazione economica, e cercano fortuna verso mercati del lavoro più stabili e soddisfacenti.
Una volta esaurito l’effetto dello shock derivante dalla questione geopolitica, stando all’esame del rapporto sulle nuove assunzioni 2022 2026 del Sistema Informativo Excelsior, l’economia idealmente tornerà lungo un sentiero di crescita. A sua volta questo verrà notevolmente influenzato dall’utilizzo pieno ed efficace degli ingenti fondi messi a disposizione dall’Europa. I fondi del PNRR, ormai arrivati alla seconda tranche di versamenti, sono risorse che stanno favorendo un cambiamento strutturale dell’economia italiana che si potrà posizionare lungo un sentiero di crescita ancora maggiore.
In questo quinquennio, sempre a netto di una risoluzione delle tensioni geopolitiche mondiali, l’offerta di lavoro si concentrerà su professioni specialistiche e tecniche; professioni impiegatizie e dei servizi; operai specializzati e artigiani, e naturalmente, tutte le occupazioni collaterali o di supporto a queste. Per questo motivo, come abbiamo sempre detto, sarà indispensabile un piano di formazione continua, che permetta sia di qualificare, sia di riqualificare i lavoratori verso nuove mansioni derivanti dall’aumento dell’offerta.
Inoltre, con un, si spera, maggior benessere diffuso, vedremo crescere anche la richiesta di lavoratori nei servizi e nel terziario, soprattutto nei settori del retail e della logistica. Vero, il processo sarà più lento di quanto previsto a inizio anno, ma i presupposti, frutto anche di scelte politiche che sembrano funzionare, ci sono tutti.
Un elemento importante da considerare saranno le richieste sul mercato del lavoro di due figure professionali apparentemente nuove: gli esperti nel settore green e gli esperti nel settore informatico e digitale.
Le competenze green saranno sempre più pervasive nei diversi settori e profili professionali. Queste sono già ritenute strategiche principalmente per i profili legati all’edilizia e alla riqualificazione abitativa, quali tecnici delle costruzioni, ingegneri civili e installatori di impianti. Ciò vale anche per ingegneri elettronici e delle telecomunicazioni, tecnici e gestori di reti e sistemi telematici e tecnici chimici.
Per realizzare la transizione verde emergerà la necessità di specifiche professioni, green jobs, soprattutto nei settori individuati come prioritari.
Oltre alla transizione green, anche quella digitale è cruciale nel prossimo quinquennio, per gestire in maniera opportuna il mercato del lavoro. La transizione digitale è infatti, un altro pilastro fondante del PNRR che va messa in atto e grazie a cui la popolazione acquisisce sempre più consapevolezza digitale. Inoltre, le pubbliche amministrazioni e le imprese sono indotte a un miglioramento dei servizi forniti. Infine, il sistema educativo si organizzerà per coprire le esigenze di sviluppo delle competenze digitali. A tal fine è stato previsto dal Governo Italiano un programma di formazione specifico per le PA, nonché il cosiddetto “Decreto Nuove Competenze” con direttive specifiche sul digitale e sulla formazione per le nuove professioni.
La parola d’ordine rimarrà “formazione”. Lo è già da un anno a questa parte, e stiamo già iniziando a vedere i primi risultati, e noi di Cifap Formazione lo sappiamo molto bene. Vero, il nostro compito è formare determinate competenze e aggiornare le skills dei lavoratori, non quello di orientare i futuri occupati. Ma noi facciamo parte di questo importante circuito, e ogni lavoratore è indispensabile nel complesso meccanismo del mercato del lavoro. La formazione e l’aggiornamento devono diventare continue, solo in questo modo potremmo avere lavoratori competitivi nel lungo periodo e migliorare le condizioni lavorative e sociali generali: la sfida è ancora lunga e tutti siamo chiamati ad affrontarla.